mercoledì 6 febbraio 2013

Gone, but never forgotten

"Come già detto, tutto ha una fine. Ma ci sono pure delle rinascite; e una di queste avverrà nel giro di pochi anni, sempre grazie a Busby. Ma questa è un'altra storia, di cui vi racconterò ben presto."
Avevo finito così il mio post di ieri. Dunque oggi vi parlerò di quel dannato 6 febbraio 1958, il giorno in cui tutto finì. Esattamente 55 anni fa.

Il Manchester United doveva tornare a casa come una delle quattro squadre in semifinale di Coppa Campioni, ma buona parte della squadra non ci tornò. Nello scalo a Monaco di Baviera l'aereo dei Red Devils si schiantò. Morirono 23 persone, 8 delle quali erano giocatori del Manchester United. Matt Busby, l'allenatore, rimase gravemente ferito, ma riuscì a sopravvivere. Per lui era la fine di un sogno, un sogno chiamato Europa. Tutti i suoi anni di lavoro, tutto il tempo impiegato nel costruire una squadra competitiva, si erano frantumati. Tutto era finito con quell'incidente. Per il resto della stagione la panchina venne affidata al suo vice, Jimmy Murphy, in attesa che Busby si riprendesse del tutto e ricominciasse ad inseguire quel suo sogno, con altri ragazzi, in memoria di quelli del 1958.
Dalle parti di Manchester, li chiamano i "The Flowers of Manchester", a sottolineare quanto quel gruppo fosse entrato nel cuore delle persone.
Il dramma dello schianto colpì tutta l'Inghilterra, non solo Manchester. L'intero paese era sotto shock, perché in questi casi le rivalità sportivo vengono a mancare e l'unica cosa che conta è il rispetto. Rispetto non solo per gli 8 dello United, ma anche per i giornalisti, i dirigenti, i membri dell'aereo e le altre persone a bordo. Non era solo il Manchester United, non era solo Manchester, non era solo calcio, era molto di più. Era un tragedia. Se cercate "Disastro aereo di Monaco di Baviera" troverete quello di cui vi sto parlando. Appunto, un disastro.
In quella squadra militava Duncan Edwards, uno dei più grandi talenti inglesi dell'epoca. A soli 21 anni era già leader indiscusso del centrocampo dei Red Devils, e ovviamente prese parte alla partita di Belgrado. Lui sopravvisse allo schianto, ma morì circa due settimane dopo in ospedale, lottando fino alla fine, come aveva abituato in campo. Rimarrà celebre la sua frase "A che ora inizia la partita contro i Wolves, Jimmy? Non devo saltare quell'incontro!". Purtroppo di lui non sapremmo mai con certezza quanto forte sarebbe potuto diventare.
Non potremmo neanche sapere come sarebbero andate le carriere di Geoff Bent, Roger Byrne, Eddie Colman, Mark Jones, David Pegg, Tommy Taylor, Liam Whelan. Le loro speranze di gloria, di successi, si infransero quel 6 febbraio.


Matt Busby, dopo quel 6 febbraio ebbe ancora più chiaro che il suo unico obbiettivo era vincere la Coppa Campioni, per i suoi ragazzi, per i suoi Busby Babes. Insieme a Murphy e al gruppo che era rimasto, ricostruì tutto, vinse altri titoli nazionali e soprattutto quello del 1966/67, che qualificò lo United alla Coppa Campioni. Nel 1968 a Wembley, il Benfica non potè far nulla, i nuovi Busby Babes vinsero 4-1 e quando Charlton (superstite del 1958) alzò la Coppa da capitano lo fece anche per i suoi ex compagni.
Tutto ha una fine, ma ci sono cose che rimangono vive nella memoria della gente e che ti spingono a crearne di nuove e risorgere. Proprio come fece Matt Busby. Proprio come fece il Manchester United.
Gone, but never forgotten!




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